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Un arbitro quasi esordiente per Parma-Bologna

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Sarà Kevin Bonacina, medico chirurgo e arbitro della sezione di Bergamo, a dirigere Parma-Bologna,  un detby atteso ed importante per entrambe.
Assegnare un derby regionale ad un arbitro emergente come Bonacina rappresenta una prova di fiducia da parte della Commissione Arbitri Nazionale (CAN).

Queste partite sono notoriamente tese, non solo per la rivalità sportiva, ma anche per l’importanza dei punti in palio.
​Il Parma, neopromosso, cerca stabilità e punti fondamentali per la salvezza, mentre il Bologna, reduce da un ottimo periodo, mira a consolidare le sue ambizioni europee.

Designato l'arbitro per Parma

La gestione della fisicità e dei contrasti, tipica di un derby, sarà il banco di prova principale per Bonacina.

La sua capacità di mantenere la disciplina, senza interrompere eccessivamente il flusso del gioco, sarà cruciale per garantire una gara equilibrata e sportiva.

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Bologna : dopo il danno, la beffa

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Per il Bologna, oltre al danno subito domenica al Franchi, c’è anche il danno della mancanza di provvedimenti importanti verso l’arbitro e l’addetto VAR del match di Firenze.

In sostanza, La Penna sarà già in campo mercoledì sera, come quarto uomo in Roma-Parma.

Se poi aggiungiamo che l’addetto VAR Paterna, colpevole alla pari di La Penna, ha una designazione doppia,  Avar in Lecce-Napoli ed il giorno successivo Var in Juventus-Udinese, e che l’arbitro di Bologna-Torino è quell’Ayroldi, con il quale il Bologna non ha mai vinto (e che lo scorso anno fu protagonista della contestata espulsione di Pobega in Bologna-Verona), la farsa è completa.

In tutta sincerità, noi non siamo seguaci della teorie complottistiche, però crediamo che la squadra rosso-blu sia trattata con estrema superficialità dai vertici arbitrali.

E che questo sia anche un segnale verso le esternazioni dell’AD Fenucci, con un chiaro invito a non guardare al di fuori del proprio orticello.

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Var tra errori e polemiche: perchè serve una riforma

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Il campionato di Serie A 2025-26 già può essere ricordato come una delle stagioni più difficili nell’era del VAR, con una serie di errori arbitrali che hanno cambiato volto a tante partite.

Una stagione già da record per le sviste

Mai come quest’anno si è assistito a un’annata ricca di sviste gravi, con numerosi match risultati “falsati” da errori in campo e da un utilizzo non uniforme del VAR. Le sfide Milan-Pisa, Verona-Cagliari e Fiorentina-Bologna hanno visto decisioni fortemente contestate e riconosciute dagli stessi ex arbitri: gol convalidati in fuorigioco, rigori mancati su tocchi di mano evidenti, espulsioni non comminate. A queste si aggiungono match come Napoli-Inter e Lazio-Juventus, dove il VAR non è intervenuto su episodi decisivi, nonostante la chiara possibilità di correggere errori manifesti.​

The referee of the match Matteo Marcenaro during italian soccer Serie A match Hellas Verona FC vs Cagliari Calcio at the Marcantonio Bentegodi stadium in Verona, Italy, November 30, 2021 – Credit: Ettore Griffoni

Mancanza di uniformità e trasparenza

La critica principale di società e opinionisti riguarda la mancanza di uniformità nei protocolli, la soggettività nelle interpretazioni e la confusione su quando e come il VAR debba intervenire. In troppe occasioni decisioni simili vengono trattate in modo opposto, alimentando sospetti e lamentele da parte delle squadre. Anche l’esperienza degli arbitri al monitor non ha garantito la giusta chiarezza: persino i direttori di gara più navigati hanno commesso errori gravi o non sono riusciti a correggere quelli dei colleghi in campo

Urge di una riforma

Le istituzioni del calcio sono consapevoli della gravità del problema: si parla già di nuove misure per la stagione 2025-26, con la possibilità che gli arbitri spieghino pubblicamente allo stadio e in tv le decisioni prese dopo l’intervento del VAR, per aumentare trasparenza e responsabilità.  Non sarebbe da sottovalutare un Var a chiamata, come capita già in altre discipline. Staremo a vedere.

 

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La passione (non) si sente, ma ogni tanto torna a battere

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Il calcio contemporaneo vive una delle sue più grandi contraddizioni: da un lato la necessità di coinvolgere il tifoso, di alimentare la passione popolare; dall’altro quella di mantenere acceso il motore economico che consente al sistema di sopravvivere, fondato su un continuo spostamento di giocatori e tecnici.

Questa mobilità costante genera plusvalenze, gonfia cachet e provvigioni, e talvolta alimenta vere e proprie bolle speculative. Oggi bastano tre gol consecutivi per innalzare un calciatore anche mediocre a presunto top player, con ingaggi esagerati proposti dalle cosiddette “big” e un conseguente ulteriore indebitamento dei club.

In questo contesto, il tifoso rimane sospeso tra la nostalgia dell’attaccamento alla maglia e la consapevolezza di un calcio ormai dominato dal business.

Intanto, i protagonisti del campo mettono in scena teatrini mediatici poco credibili: baciano la maglia della nuova squadra, giurano di averla tifata fin da bambini, proclamano amore eterno o, peggio ancora, postano video sui social in cui dichiarano che “lo Stadio Dall’Ara è il più bello del mondo”, salvo poi esaltare un’altra piazza come “dieci volte più passionale”… tutto questo, ovviamente, grazie ai suoi tre milioni all’anno di stimoli.

Come reagire, allora, da tifosi? Forse con un pizzico di sano realismo, per proteggersi dalle delusioni, ma anche con la capacità di riconoscere e coccolare quei pochi giocatori — come Orsonaldo — che ancora dimostrano con i fatti un vero attaccamento alla maglia, rinunciando a offerte economicamente più vantaggiose.

Orso rimarrà con noi per sempre? Non lo sappiamo. Ma ha più volte ignorato sirene provenienti da altri club per restare a Bologna e, per una volta, parafrasando una nota stazione radiofonica, possiamo dire che in questo caso “la passione si sente davvero”.

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